La Congiura degli Innocenti

 

LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI è il seguito ideale di Ferrari Rex – che il New York Times ha definito “la biografia definitiva”[*] di Enzo Ferrari. Come nel precedente volume sul Grande Vecchio, anche in questo nuovo volume ho cercato di non fermarmi alla storia che tutti conoscono per  scavare in profondità e arrivare a riscrivere una delle vicende più significative e forse meno celebrate dell’epoca d’oro della Formula 1 – quegli anni Settanta in cui la scena appartiene a mostri sacri come Bernie Ecclestone e Colin Chapman, Niki Lauda e James Hunt, ma nei quali l’Alfa Romeo riesce a ritagliarsi uno spazio importante in Italia e all’estero nonostante l’ingombrante cono d’ombra generato da Enzo Ferrari e dalla Ferrari. Il libro è pubblicato da GIUNTI – GIORGIO NADA EDITORE.

Dopo una biografia di mille pagine dedicata a un grande italiano del Novecento, ammetto che non era facile scegliere un argomento con il quale ripresentarmi ai lettori. Ma ricordavo bene, per averlo vissuto da appassionato, il difficile e contrastato ritorno in Formula 1 dell’Alfa Romeo nella seconda metà degli anni Settanta. Così ho iniziato a fare ricerche e a intervistare i protagonisti di quella straordinaria avventura e poco alla volta ho capito che un libro su quel periodo straordinariamente travagliato in cui l’Alfa Romeo, tra mille difficoltà, riesce nel proprio intento e conquista l’ammirazione del mondo, poteva essere il degno seguito del racconto della vita di Enzo Ferrari. Per tanti motivi, La congiura degli innocenti è la storia di un altro grande successo dell’imprenditorialità e del genio italiani, che non si fermano davanti a nulla e arrivano dove si prefiggono di arrivare, costi quel che costi.

La Congiura degli innocenti non è un libro sul ritorno dell’Alfa Romeo alle corse, così come non è un libro sull’Autodelta o sulla Brabham. A me piace pensare che sia il libro che non era ancora stato scritto sui cinque anni della difficile collaborazione tra la Brabham di Bernie Ecclestone e un’Alfa Romeo divisa come forse non mai nella sua storia ultra-centenaria. Cinque anni in cui l’Alfa Romeo torna al successo in Formula Uno grazie a una vettura inglese e durante i quali, mai veramente paga della collaborazione con la squadra inglese, prende la decisione di entrare nella massina categoria dell’automobilismo sportivo con una propria vettura contro avversari interni ed esterni all’azienda.

Il libro si apre con la firma dell’accordo firmato da Bernie Ecclestone con l’Alfa Romeo per la fornitura di motori alla squadra inglese della Brabham nel dicembre del 1974. E si conclude con la giornata di gloria dell’Alfa Romeo nel Gran Premio d’Italia a Monza del 1979 quando, poco prima di uscire di pista e insabbiarsi alla Variante Ascari, il pilota bresciano Bruno Giacomelli su Alfa-Alfa – la monoposto interamente costruita dall’Autodelta per conto dell’Alfa Romeo – sta per portare uno storico sorpasso carico di significati al due volte campione del mondo Niki Lauda su Brabham-Alfa. Nel mezzo ci sono quattro stagioni di Formula Uno che mettono a dura prova la resistenza degli italiani dell’Alfa Romeo e la capacità di sopportazione di Ecclestone e dei suoi uomini mentre le due anime di una stessa squadra rincorrono un successo che potrebbe cambiare la storia delle corse.

Ma al di là delle riserve sul motore Alfa Romeo da parte dei tecnici inglesi e sui difetti di alcuni componenti, il problema maggiore che sta emergendo è, molto semplicemente, l’incompatibilità di fondo tra la mentalità italiana e quella inglese. “Gli inglesi,” dice Chiti, “sono intelligenti, astuti, ma lenti, ritardatari. Ci mettono quattro mesi per una cosa che si può fare in un sol giorno.”
(LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI – CAPITOLO 6)

La congiura degli innocenti è inoltre uno studio preciso della personalità dei due protagonisti principali, Carlo Chiti e Bernie Ecclestone, due personaggi spesso agli antipodi, ma che alla resa dei conti si assomigliano più di quanto non siano disposti a riconoscere.

Ma il muro che Ecclestone erige sul colore della vettura è emblematico dei due punti di vista, filosoficamente diversi, attraverso i quali Alfa Romeo e Brabham vedono – e, di fatto, vedranno sempre – il loro rapporto di collaborazione. Quello che infatti sembra sulle prime sfuggire a Ecclestone è l’ampiezza dell’impegno che l’Alfa Romeo intende produrre nello sforzo comune – un impegno che ad Arese è visto come una partnership vera e propria e non come un semplice rapporto di fornitura di motori. Così come del resto emblematica del pragmatismo che muove l’operato di Ecclestone è la successiva decisione di assecondare il desiderio di Alfa Romeo e Martini & Rossi una volta compreso che per le due Case italiane la questione del colore è un nodo di non poco conto.
(LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI – CAPITOLO 4)

E poi, naturalmente, ci sono i piloti. Ad iniziare dal due volte campione del mondo Niki Lauda, nelle cui mani a un certo punto viene incautamente messo il destino dell’Alfa Romeo, e il giovane talento italiano Bruno Giacomelli, che arriva a un solo passo dal ‘delitto perfetto.’ Prima di loro, sono i sudamericani Carlos Pace e Carlos Reutemann a cercare di dare un senso alla difficile collaborazione tra Brabham e Alfa Romeo. E dopo di loro il testimone passa al tedesco Hans-Joachim Stuck e soprattutto al nordirlandese John Watson, che per un lungo attimo pare in procinto di coronare gli sforzi dei telaisti inglesi e dei motoristi italiani. E poi Vittorio Brambilla, che l’Alfa Romeo cerca prima di accasare alla Brabham e che alla fine diventa il collaudatore della vettura interamente progettata e costruita a Settimo Milanese.

L’Alfa Romeo conferma inoltre quanto si è ormai dedotto, cioè la decisione di affidare la vettura a Bruno Giacomelli, uno tra i più promettenti piloti italiani dell’ultima generazione. “Devo ammettere che mi sento un po’ in colpa perché non mi sento per nulla superiore a Brambilla,” dichiara un felice, ma chiaramente imbarazzato Giacomelli. Ad ogni modo, nel momento in cui si annuncia l’inizio della nuova avventura, non ci si dimentica neppure dell’uomo che ha iniziato lo sviluppo della vettura con cui la Casa milanese ritorna in Formula Uno e che lo ha a lungo portato avanti da solo: “L’Alfa Romeo, che ha utilizzato l’esperienza di Vittorio Brambilla nella messa a punto della vettura attuale e di quella in allestimento,” si legge nella parte finale del comunicato stampa, “dopo aver approntato una seconda macchina, gliela metterà a disposizione per consentirgli di partecipare ai futuri gran premi.”
(LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI – CAPITOLO 18)

La congiura degli innocenti racconta di un’Alfa Romeo che all’epoca è un’azienda in forte crisi, dilaniata da correnti e fazioni che si fanno una guerra senza esclusione di colpi. Eppure, nonostante tutto e mettendo a repentaglio la propria carriera, quattro personaggi riescono a dare vita a un’alleanza che in un primo momento rende possibile il ritorno dell’Alfa Romeo alle corse attraverso la fornitura di motori alla Brabham e, successivamente, riescono nell’intento di riportare la Casa milanese in Formula Uno con una vettura interamente costruita dall’Autodelta a Settimo Milanese – la cosiddetta Alfa-Alfa. I quattro personaggi sono l’ingegner Carlo Chiti, il presidente dell’Autodelta Vincenzo Moro e i due presidenti dell’Alfa Romeo – Gaetano Cortesi ed Ettore Massacesi – che si succedono in questi cinque anni. Sono personaggi molto diversi tra loro, che si ritrovano improbabili alleati in una sfida che ai più pare impossibile.

Ma l’Autodelta ha anche un’anima e l’anima è quella di Carlo Chiti, un impetuoso, impulsivo, ingombrante, egocentrico, ma anche incredibilmente brillante ingegnere che è nato con le corse, vive per le corse e non è disposto ad alzare bandiera bianca senza prima versare tutto il sangue che ha in corpo. È toscano, quindi passionale. Sa amare così come sa odiare. Ama i suoi meccanici, con i quali è capace di gesti di umanità e di grande generosità. Per i meccanici dell’Autodelta è una sorta di secondo padre. Ma è soprattutto un uomo che non si arrende facilmente e che ama i suoi nemici perché si identifica nell’adagio molti nemici, molto onore. Il nemico più scomodo al di fuori dell’Alfa Romeo è Enzo Ferrari, per il quale ha lavorato tra la seconda metà degli anni Cinquanta e l’autunno del 1961, quando è stato licenziato in tronco insieme ad altri sette dirigenti in quello che è con ogni probabilità il momento di rivendicazione di indipendenza più eclatante mai compiuto dal Signore di Maranello. Da allora Chiti e Ferrari si beccano quando possono. In realtà, sono fatti della stessa pasta. 
(LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI – CAPITOLO 3)

Per certi versi, il ritorno dell’Alfa Romeo in Formula Uno è una corsa ad ostacoli. Alcuni di essi sono interni all’azienda stessa. Altri le vengono disseminati sul cammino dallo scomodo partner inglese e, sul più bello, addirittura dal due volte campione del mondo Niki Lauda.

Nel momento in cui ha appreso che l’Alfa Romeo sta per portare sul circuito di Monza la propria vettura in vista del Gran Premio d’Italia, Niki Lauda ha infatti fermato tutto. Se l’Alfa Romeo collauda la monoposto con cui intende tornare alle corse, Lauda vuole essere il primo a saggiarla. La dualità all’interno del team Brabham-Alfa Romeo è anche questo. Niki teme da tempo che Chiti e i suoi siano più interessati allo sviluppo della loro monoposto che non all’evoluzione della sua BT 46. Massacesi, che è presidente dal 10 luglio e lo ha incontrato poco dopo il suo insediamento su suggerimento di Chiti, gli ha assicurato che avrà voce in capitolo nello sviluppo della vettura e l’austriaco non perde tempo nell’esercitare la propria opzione.  
(LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI – CAPITOLO 16)

In sostanza nel mio nuovo libro cerco di descrivere un periodo della storia della Formula Uno – quello del ritorno dell’Alfa Romeo nella seconda metà degli anni Settanta – su cui non è mai stata fatta luce in precedenza. Una vicenda affascinante, con continui colpi di scena, ribaltamenti di situazioni, tradimenti, imprese sportive e drammi umani che la grande ricerca, basata principalmente su documenti originali mai consultati prima d’ora e su interviste esclusive ai protagonisti, mi ha permesso di ricostruire per la prima volta nella sua completezza.

Per cautelarsi di fronte all’opinione pubblica e molto probabilmente per mettere a tacere le fronde interne, l’Alfa Romeo inserisce a questo punto nel nuovo contratto una clausola che è sintomatica della mentalità e del modo di lavorare italiani, per cui da una parte si pensa di vincolare qualcuno a un accordo che è in realtà così generico da poter essere evaso senza alcun problema, e dall’altra si ritiene di avere in tal modo messo a posto la propria coscienza – o salvaguardato la poltrona. Così il nuovo contratto contiene questo punto straordinariamente vago e, se vogliamo, totalmente inutile: “Viene concordato di realizzare una più stretta collaborazione tecnica tra la Brabham e l’Autodelta per rendere le vetture competitive.” Già, perché è necessario scriverlo che Alfa Romeo e Brabham vogliono avere monoposto competitive per raggiungere quel successo che rincorrono da quasi due anni!
(LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI – CAPITOLO 11)

In un lungo colloquio che mi ha concesso in esclusiva per questo libro, Bernie Ecclestone mi ha confidato: “Questo è un periodo straordinario della storia della Formula Uno che, mi spiace dirlo, solo in pochi conoscono.” Un periodo nel quale l’Alfa Romeo prima si limita a fornire alla Brabham di Ecclestone i motori e poi inizia a sviluppare, in parallelo e in gran segreto, una vettura interamente costruita in casa per poi farla correre contro le Brabham cui pure continua a fornire i motori – fino all’inevitabile scioglimento di qualsiasi rapporto con la squadra inglese.

Il problema ad ogni modo non è tanto che l’Alfa Romeo ha iniziato la collaborazione con la Brabham in vista – o almeno nella speranza; certamente di Chiti, con ogni probabilità anche di Cortesi – di entrare direttamente in Formula Uno dopo aver acquisito l’esperienza necessaria attraverso qualche stagione con la squadra inglese. Il problema vero è piuttosto che dal primo giorno Chiti non si fida – ricambiato – di Ecclestone e, quel che forse è peggio, pensa di saperne di più dei tecnici inglesi. E se è pur vero che la sua esperienza nelle corse è importante e le sue conoscenze tecniche sono di primordine, è altrettanto vero che, a 50 anni, Chiti è fuori dal giro che conta da parecchio, mentre Ecclestone non è solo uno dei manager che conoscono meglio il sistema, ma è quello che sta iniziando a plasmare il sistema a sua immagine e somiglianza.
(LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI – CAPITOLO 13)

Ma il mio nuovo libro è anche la ricostruzione di un periodo storico nel quale le vicende di una Casa automobilistica come l’Alfa Romeo sono dettate dai poteri forti che albergano in Parlamento o dagli umori di sindacati cui in realtà troppo spesso fugge di mano la gestione della forza operaia delle due fabbriche di Arese e Pomigliano d’Arco – fabbriche nelle quali si annidano cellule terroristiche. Un periodo in cui i grandi partiti politici italiani scelgono la dirigenza dell’Alfa Romeo, e i piloti di Formula Uno devono essere graditi ai segretari dei partiti di maggioranza e, qualche volta, di opposizione.

Per la seconda vettura si fa sempre più insistentemente il nome del giovanissimo pilota romano Elio de Angelis, lo stesso che a Zolder ha messo involontariamente fine alla gara di debutto dell’Alfa-Alfa. Il suo nome pare godere dei favori degli ambienti romani e democristiani vicini al presidente Massacesi – al quale, in realtà non dispiace neppure Riccardo Patrese, che piace a Chiti e il cui nome non alimenta le polemiche di un anno fa.
(LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI – CAPITOLO 19)

Ma malgrado tutto, nella migliore tradizione di un’Italia che può anche piegarsi ma non si spezza, l’Alfa Romeo riesce a diventare protagonista nella massima espressione dell’automobilismo sportivo mondiale.

Il pubblico di Monza, al quale non serve il cronometro per vedere il divario accorciarsi giro dopo giro, inizia a spingere il pilota bresciano con un tifo da stadio. Quasi trasognato, Chiti decide di seguire di persona il duello e si porta al muretto dei box. Probabilmente non ha mai neppure osato sognare tanto nelle notti precedenti il Gran Premio d’Italia. Invece, il suo giovane pilota sulla sua nuova monoposto a effetto suolo realizzata non si sa come nel mezzo della più burrascosa serie di scioperi aziendali degli ultimi anni, sta per consumare la grande beffa nei confronti del campione del mondo che tredici mesi prima ha quasi affossato il programma di Formula Uno dell’Alfa Romeo. 
(LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI – CAPITOLO 20)

De La Congiura degli innocenti esiste anche una edizione limitata, tirata in sole 179 copie, firmate da me, ma soprattutto dall’amico Bruno Giacomelli, grande protagonista del libro, sponda Alfa. 179 come il numero-nome del modello di Alfa-Alfa che Bruno portò al debutto a Monza nel settembre del ’79 e con il quale, l’anno successivo, sfiorò la vittoria nel gran premio degli Stati Uniti Est a Watkins Glen, dopo aver stabilito la pole position in qualifica.

Per le mie ricerche, mi è stato concesso un accesso senza precedenti all’Archivio Storico dell’Alfa Romeo di Arese, dove ho potuto consultare tutta la documentazione relativa al periodo in questione, compresa la corrispondenza tra l’allora proprietario della Brabham, quel Bernie Ecclestone che nei successivi 40 anni diventerà il padrone della Formula Uno, e i vertici di Alfa Romeo e Autodelta, appunti personali e comunicazioni interne dei dirigenti della Casa milanese, note dei vari protagonisti, sintesi di telefonate, relazioni riservate della presidenza dell’azienda.

Naturalmente anche Chiti ha già pensato al possibile sostituto di Pace. Quello stesso giorno, 21 di marzo, manda una nota riservata al presidente dell’Autodelta nella quale indica i piloti che, a suo parere, potrebbero sostituire il brasiliano. Chiti li divide in due categorie: quelli ‘liberi’ e quelli potenzialmente ‘liberabili.’ I piloti nella prima lista sono nove; quelli nella seconda solo tre. Ogni pilota ha di fianco al proprio nome il voto che Chiti gli assegna in base a cinque parametri: “capacità di fare il tempo, rendimento in corsa, capacità di arrivare alla fine della corsa, esperienza delle corse in F1, esperienza del motore Alfa Romeo.”
(LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI – CAPITOLO 8)

In aggiunta alle ricerche di archivio, ho naturalmente condotto uno studio accurato su quotidiani e riviste dell’epoca. E ho completato il mio lavoro con interviste ai protagonisti di quello straordinario periodo nella storia della Formula Uno, piloti, tecnici e il geniale progettista sudafricano della Brabham, Gordon Murray. Come accennato, ho incontrato anche Bernie Ecclestone per una lunga chiacchierata nel corso della quale il leggendario manager inglese ha parlato per la prima volta nel dettaglio del tribolato rapporto di collaborazione con l’Alfa Romeo.

Problemi di mentalità e soprattutto di linguaggio hanno reso la collaborazione tra Alfa Romeo e Brabham difficile e spesso faticosa. Afferma con una punta di saggezza quarant’anni dopo Bernie Ecclestone nella quiete di un pomeriggio autunnale mentre una pioggia fine e ovattata bagna i rami nudi dei platani sul lato meridionale di Hyde Park: “Il problema della lingua fu un grosso ostacolo e, al tempo stesso… un grande vantaggio.” Bernie lascia volutamente in sospeso un attimo il discorso. Poi sorride e spiega: “Se fossimo riusciti a intenderci bene, il nostro rapporto sarebbe certamente stato più tranquillo. Ma non sarebbe durato così a lungo!”
LA CONGIURA DEGLI INNOCENTI – CAPITOLO 19)

Il titolo del libro – un chiaro tributo all’arte di Alfred Hitchcock – è lo specchio fedele della realtà in cui si muovono i protagonisti della vicenda: personaggi che spesso e volentieri non fanno quello che dichiarano di fare, ma CONGIURANO contro gli altri.

[*] The New York Times, April 27, 2018. “In Italy There Was The Pope and Then There Was Enzo Ferrari,” by Jamie Kitman.